Opere e Tarantelle

 

 

Opere e Tarantelle

‘Dopo tanti anni dall’abbandono dello stabile, in cui visse il compositore tarantino Giovanni Paisiello, sembra sia iniziata una politica comunale di recupero dello stesso, denominato ‘Casa Paisiello’. Un progetto cofinanziato dalla Regione Puglia e dal Comune di Taranto con un importo di 800mila euro …’

Questo scrivevamo ben tre anni fa!

La realizzazione del progetto (casa-museo e caffetteria) era prevista in 270 giorni, iniziando dal 12 novembre 2020, non sappiamo con che tipo d’intervallo!? … forse i 270 giorni sono distribuiti sull’arco di dieci anni? … non siamo tenuti a saperlo, in quanto comunicazioni alla città a riguardo non ne esistono. I cartelli tecnici riportano le stesse informazioni di tre anni fa e i lavori sono a singhiozzo e quasi bisogna essere fortunati per vedere il cantiere all’opera!

Intanto, negli ultimi decenni, da Urban e Urban II, passando per le varie speculazioni seguite negli anni, fino al ‘progetto case a 1 euro’ e alla ‘Semina della rinascita’, continuiamo a essere spettatori di un costante impoverimento del patrimonio sociale. Nel centro storico, a fronte di una popolazione resistente che tramanda con difficoltà le sue usanze, conoscenze e storie, stiamo subendo un’omologazione sociale a scapito di una cultura popolare che caratterizzava il centro storico, una continua speculazione sul patrimonio pubblico e culturale e il continuo tentativo di trasformare il centro storico, un tempo vero cuore pulsante della città, in una vetrina per turisti o in un salotto per ricchi.

Gli esempi delle politiche di recupero del recente passato, riqualificazione o qualsivoglia rigenerazione dei centri storici ci restituiscono l’immagine di centri omologati, nei quali non è prevista la povertà, la diversità, dove vige una sorta di ‘legalità’. Una società che si ‘rispetti’ non deve mostrare le sue miserie, viene da sé che il decoro sia imposto con il controllo, la repressione e l’emarginazione. La lotta all’abusivismo e all’accattonaggio è solo l’inizio di una scelta politica che punta ad attrarre investimenti sul territorio, senza tener conto del fattore umano e sociale. A livello nazionale poi, i Decreti Sicurezza (Minniti, Salvini, Renzi, La Morgese) hanno reso più precarie e più condannabili grosse fasce sociali che vivono al livello di sopravvivenza, per le quali un lavoro in nero o l’occupazione di una casa costituiscono una necessità vitale.

‘Legalità’ e ‘Sicurezza’, in un contesto di fermento culturale o turistico, significano sorveglianza in presenza o tramite dispositivi, in difesa, non tanto della quiete pubblica, quanto della proprietà privata. L’insistente richiesta di ‘Sicurezza’ permette a strati sociali più agiati di poter vivere un centro storico ‘decoroso e sicuro’. Questo in sintesi porta ad una graduale e sostanziale sostituzione della popolazione con relativo bagaglio socio-culturale. Ciò vuol dire Gentrificazione.

E’ il primo passo per permettere a un centro storico di accogliere i/le turist*. Quando la volontà politica, gli investimenti e il marketing funzionano, un luogo, fino a ieri relegato all’indifferenza, conosce il fenomeno del turismo col rischio di bruciarsi in breve tempo se non è pronto e preparato ad accogliere il/la turist*, oppure, se non è un turismo sostenibile, rischia di sfociare in un turismo di massa, in cui la macchina turistica, una volta azionata, modifica il tessuto socio-economico e aspetto ambientale in maniera importante, lasciandoci vuoti e asettici souvenir.

Questo processo è indicato col termine Turistificazione.

Poi, in uno scenario di inefficacia delle le politiche culturali, che lasciano in abbandono e inattività il ricco patrimonio storico della città tutta, in uno scenario di inefficacia sociale delle politiche abitative comunali, in cui si sceglie di deresponsabilizzarsi, cedendo le residenze popolari alle banche con le conseguenti aste e sfratti, in cui si sceglie di fare promozioni farlocche al pubblico e al privato senza grandi risultati; in uno scenario in cui predomina l’assenza di una reale politica sociale che parli ai quartieri, alle loro esigenze e l’assenza di risposte alla disoccupazione dilaniante e alla destrutturazione della sanità e scuola pubblica, è davvero imbarazzante l’attenzione e la cura che le istituzioni riservano al turismo, all’industria e al business in generale, il quale resta in poche tasche e non ritorna a migliorare i servizi e i beni pubblici.

Noi immaginiamo invece una città e un centro storico capaci, nel proprio rispetto, di attrarre per il proprio patrimonio artistico e per la propria bellezza, senza cancellare l’aspetto popolare che caratterizza tutti i quartieri della città. Bellezza e potenzialità che l’impianto siderurgico, i vari impianti industriali e portuali e la marina militare hanno da sempre offuscato e soffocato.

Noi restiamo fermi sull’idea che costruire Autorganizzazione nei quartieri debba essere la risposta naturale alla carenze e alle assenze delle amministrazioni ed essere una proposta di cambiamento radicale.

L’Autorganizzazione ha pratiche orizzontali, dal basso, che sussistono sulla condivisione e il confronto per creare una comunità autodeterminata, che superi la delega e la figura del leader, che sposi metodi e pratiche egualitarie e solidali, che sia capace di riappropriarsi dei propri spazi vitali.

Giovanni Paisiello è un esempio di genialità artistica locale, conosciuta in tutto il mondo. Non condividiamo assolutamente le mistificazioni, ma vogliamo, con questo intervento, fare riferimento alle tante genialità, potenzialità, di ogni tipo, che oggi sono in affanno o alle tante altre che sono state e sono costrette a migrare lontano, in quanto da decenni questa città è stata sacrificata sotto l’altare della ‘vocazione’ industriale e militare.

L’opera de ‘Il barbiere di Siviglia’,composta da Paisiello, è nota grazie al successo di Gioacchino Rossini, prima di allora era rimasta pressoché in ombra. Taranto continua ad essere una città in ombra. Avremo pur una possibilità di vivere di altro che non sia ancora speculazione, acciaio e polvere? O qui la musica non cambia?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anno di Lotta 2021

Opporsi al sistema è confrontarsi collettivamente, condividere idee e pratiche solidali e dal basso, creare comunità autodeterminate, schierarsi, stare in strada, senza deleghe e protagonismi, opporsi con ogni mezzo necessario all’arroganza dei potenti, immaginare un altro mondo possibile e necessario e porre le basi perché esso sia di rottura col neoliberismo che condanna a morte vite e territori. Non possiamo permetterci nessun passo indietro. Nulla va dimenticato tutto va costruito! Solidali con i perseguitati e prigionieri politici, coi detenuti e gli sfruttati, con gli ultimi e i repressi, saremo sempre al loro fianco!

Ciao Laura

I e Le Compagn* non muoiono mai. La memoria del loro impegno e amore è fuoco che nelle strade, che aiuta, in ogni momento, a sentirci meno sol* nelle lotte!

Con Amore, a Pugno Chiuso, Hasta Siempre Laura Strega Rossa

Riflessioni su ‘Taranto e dintorni’

La situazione sanitaria mondiale è sotto gli occhi di tutt*, affrontiamo un fantomatico nemico invisibile che attraverso il terrore instillato nella masse, dai mass-media asserviti ha permesso ai poteri governativi di sperimentare pratiche di controllo di massa che altrimenti sarebbero state difficilmente motivabili. Lungi da noi essere marchiati di negazionismo, riteniamo però fondamentale approfondire mediante contro-inchieste la reale portata del covid e di quello che è il suo effetto sanitario, perché il suo effetto sociale è chiaro ed evidente a tutt*. È infatti evidente che la quarantena è stato un utile strumento per testare l’obbedienza delle popolazioni e stimolare atteggiamenti delatori diffusi ovunque. Lo stimolo alla delazione è stato utile per legittimare agli occhi delle masse l’acuirsi di uno Stato repressivo che senza problemi ha portato nelle nostre strade oltre alle classiche forze repressive dello Stato, anche i militari. Uno sguardo più attento alle dinamiche innescate dalla quarantena e dal coprifuoco ci permettono di osservare in maniera più chiara il ventaglio di strumenti con cui le logiche del potere e del profitto armano gli Stati.

Sarebbe interessante infatti attivare contro-inchieste che ci permettano di comprendere se il motivo degli innumerevoli e apparentemente infiniti DPCM servono per affinare la macchina del controllo sociale o se servono effettivamente a tutelare la salute de* cittadin*. Per comprendere meglio la matrice originaria alla base delle scelte di Stato sarebbe utile discernere il tasso di mortalità provocato dal covid direttamente da quello provocato indirettamente. Sappiamo infatti che le statistiche sulla mortalità e la nocività di questo virus sono rinfoltite da numeri che prevedono sia morti diretti che indiretti. Non ci riferiamo solo alla difficoltà di riconoscere la causa della morte per la quasi totalità dei morti che sono in ‘regime di comorbosità’, ma soprattutto quelli dovuti alla blindatura degli ospedali e al rinvio a tempo indeterminato delle terapie e delle ospedalizzazioni dovute ad altre patologie diverse dal covid.

La comorbosità presente nella quasi totalità dei deceduti è comunque un elemento fondamentale, tanto da portare Horton su ‘TheLancet’ (una delle riviste mediche più importanti del mondo con sede in GranBretagna) a parlare non di pandemia, ma di sindemia.

A differenza della pandemia, che indica il diffondersi di un agente infettivo in grado di colpire più o meno indistintamente il corpo umano con la stessa rapidità e gravità ovunque, la sindemia implica una relazione tra più malattie e condizioni ambientali e socio-economiche. L’interagire tra queste patologie e situazioni rafforza e aggrava ciascuna di esse. Questo nuovo approccio alla salute pubblica è stato elaborato da Merril Singer nel 1990.

Sindemia è quindi l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili, caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata.

Secondo Singer e Mendenhall (2017) un approccio sindemico rivela interazioni biologiche e sociali importanti per la prognosi, il trattamento e la politica sanitaria.

Un approccio sindemico ai numeri rivelati da una possibile contro-inchiesta ci permetterebbe di caratterizzare il livello locale di comorbosità indipendente dal covid, ma dipendente dallo stato ambientale sociale ed economico del territorio.

In una contro-inchiesta non risulterebbe neanche irrispettoso controllare, se si può, quanti a parità di comorbosità l’anno scorso morivano di influenza e quanti ne muoiono quest’anno di coronavirus.

Sempre a livello di contro-inchiesta probabilmente risulterebbe estremamente interessante anche analizzare altri morti indiretti da coronavirus, sempre però legati al livello socio-culturale presente sul territorio, e alla cultura dominate machista e maschilista. Ci riferiamo agli episodi di violenza domestica prodotta soprattutto nella quarantena (+30% violenza domestica, 21 su 26 femminicidi commessi dal convivente solo durante la quarantena). Questi sono numeri che nella contro-inchiesta vanno attribuiti alle politiche sviluppate in quarantena e vanno sottratti al numero reale di morti di covid, così come vanno sottratti i morti per malasanità, blindatura degli ospedali, dirottamento di tutte le risorse sulla ‘guerra al virus’, e vanno inoltre sottratti tutti i suicidi e le morti e le patologie legate alla crisi esistenziale che queste politiche hanno prodotto. La paura del domani, gli stati di ansia e le depressioni prodotte in questo periodo, non derivano dal virus, ma dalla percezione che del virus ci hanno dato attraverso le politiche attuate. Solo così sapremo quanto peso hanno le politiche ‘anticovid’ governative rispetto alla salvaguardia della salute e potremo confrontarlo con la diminuzione di diritti vertiginosa che in questi mesi abbiamo subito.

Abbiamo perso il diritto allo studio, l’abbiamo travestito di virtuale per lasciare che scompaia dietro uno schermo, per renderci sempre meno critici e sempre più pronti ad accettare l’isolamento che queste politiche promuovono. Abbiamo perso il diritto al reddito e milioni di posti di lavoro per portare l’economia verso le multinazionali della consegna a domicilio, rendendo sempre più disponibili alla schiavitù i disperati alla ricerca di un reddito in una cornice di mancanza di prospettive assoluta.

Abbiamo perso il diritto di fare una passeggiata la sera col cane.

Abbiamo perso il diritto di scegliere e dobbiamo obbedire a regole che dimostrerebbero la nostra incapacità di rivendicare responsabilmente una salvaguardia della salute non solo dal coronavirus, ma da un modello produttivo che distrugge e avvelena le nostre terre.

Il dramma sociale descritto in pochissime righe in questo testo è sul piatto della bilancia in attesa di numeri derivanti da una contro-inchiesta sulla sanità.

Se vogliamo adottare un approccio sindemico allora dobbiamo considerare tutte le differenze con cui vengono promulgate queste politiche, dobbiamo guardare da una parte il livello d’esposizione al contagio dei sacrificabili (ad esempio gli operai Ex-Ilva, i detenuti, gli operatori sanitari, ecc..), dall’altra il livello d’esposizione dei pochissimi che sarebbero stati fuori per strada, dopo le 22 se non ci fosse il coprifuoco.

Le caratteristiche descritte a livello macro nella parte precedente danno ancora più importanza allo sviluppo locale di una contro-inchiesta sulla sanità, soprattutto alla luce di quella che è la situazione tarantina. Qui l’assenza di una prospettiva per le generazioni più giovani, le crisi esistenziali, le depressioni diffuse, il lavoro iperprecarizzato, l’assenza di reddito esistevano ben prima della pandemia e hanno sempre alimentato precarietà, microcriminalità, repressione ed emigrazione. Qui la malasanità è la quotidianità da sempre e le speculazioni che porteranno all’ospedale San Cataldo non promettono affatto un cambiamento di tendenza, anzi…

Qui la necessità di uscire dalle dinamiche di precarizzazione, che il sistema ha bisogno di creare per abbassare il costo del lavoro e consolidare il controllo, è un’esigenza conclamata e condivisa. Ma proprio per quello che potrebbe prospettarsi in una ipotetica società post-covid, ma non post-pandemiE, è ancora più urgente concretizzare uno sviluppo di comunità basato sull’autodeterminazione e la condivisione delle competenze e conoscenze per riprenderci il nostro presente e futuro, che immaginiamo di egualianza e solidarietà, di ecosostenibilità, di reale libertà di scelta e crescita collettiva e individuale. Se dovessimo guardare a quello che servirebbe costruire per vivere una vita migliore, immagineremmo una città e un territorio in fermento. Non dobbiamo aspettare percorsi istituzionali in un momento in cui le istituzioni ti tacciano pubblicamente di irresponsabilità, i nostri diritti vanno rivendicati e riconquistati nelle piazze e nelle strade nella quotidianità.

Questo fornirebbe agibilità politica e la giusta cornice, per la legittimazione di un organismo di controllo e intervento popolare, sempre più indispensabile, come condiviso da varie realtà.

Un’inchiesta sulla sanità tarantina, secondo noi, potrebbe motivare ancora di più la costruzione di auto-reddito dal basso e di comunità autodeterminate.

Nel clima repressivo e discriminatorio che si sta creando soprattutto in questo momento, in cui alcuni virologi si schierano apertamente contro la somministrazione del vaccino, nei nostri aggregati non possiamo non inserire apertamente elementi antifascisti, antisessisti, antiomofobi, antirazzisti, antixenofobi e quindi anticapitalisti. Perché una comunità autodeterminata deve essere capace di costruire sulle differenze e non deve cadere nella trappola isolazionista che si sta innescando.

Potremmo trarre spunto dalle proposte politiche e dalle pratiche che si stanno diffondendo un po’ in tutto il mondo. Pratiche di autoproduzione, autogestione e autosostentamento diffuse, che tutelano la ricchezza e diversità dei territori. Territori fin troppo spesso oggetto, defraudato, delle politiche scellerate capitalistiche, che con le loro attività sequestrano, devastano e saccheggiano l’ambiente, creando i presupposti per scompensi ambientali e favorendo l’evoluzione e la diffusione di nuovi virus. Autodeterminazione è anche rivendicare la sovranità alimentare.

Vogliamo costruire, con l’aiuto di tutt*, una comunità ribelle capace di immaginare una Taranto post-Ilva, lontana dalle logiche che fino ad oggi l’hanno soggiogata. Una Taranto che mette, non solo la salute, ma la dignità di ogni persona come cardine e pietra miliare di un sistema produttivo funzionale allo sviluppo di una comunità autodeterminata.

Costruiamo una vetrina per tutte quelle realtà collettive e individuali produttive, che hanno scommesso sul territorio e che insistono sul costruire un’altra Taranto possibile. Portiamo in strada l’alternativa alla ‘vocazione’ industriale!

Ambiente Lavoro Salute..siamo tutt* coinvolt*!

Il 16 novembre 2020 si è svolta l’ultima udienza del processo ‘Officine bis’.

Il processo ha visto imputate 37 persone a vario titolo, colpevoli di aver difeso le ‘officine tarantine’ dallo sgombero coatto tentato dalla questura di Taranto, su ordine dell’allora vicesindaco Lonoce.

Il processo per vari difetti di notifica era stato scorporato in due procedimenti. Il primo procedimento ha portato all’assoluzione piena per tutti e tutte gli imputatx del processo. Sulla base di tale assoluzione la seconda tranche di imputati è stata assolta il 16 novembre dopo essersi avvalsi del rito abbreviato.

Attualmente solo un imputato è ancora sotto processo non essendosi avvalso del rito abbreviato e la prossima udienza, di quello che diventerà ‘officine ter’ si svolgerà il primo febbraio 2021.

Ancora una volta la macchina accusatoria si è rivelata spropositata e criminalizzante, ancora una volta chi alza la testa per pretendere un presente e un futuro differente e rivendica il diritto di vivere dignitosamente nella città che ama, viene trattato come criminale da un apparato repressivo dello Stato sempre più cieco e intransigente verso chi rivendica, a giusta ragione, spazi di libertà.

Riteniamo doveroso ringraziare l’avvocato Marcello Petrelli e Michele Battista del foro di Lecce, che hanno difeso egregiamente vari imputati in svariati processi che hanno portato sempre all’assoluzione degli imputati grazie a linee difensive oculate e mirate alla rivendicazione della giustezza di trovarsi in piazza in quei momenti e sull’assenza di prove per i reati ascritti che, come sempre, si sono rivelati pretestuosi.

Lo studio Petrelli e in particolare Michele Battista ci hanno seguiti nei processi per i blocchi davanti all’italcave del 2010 (assoluzione per tutt* nel 2016), per le manifestazioni in sostegno del movimento NoTav nel 2012 (prescritto nel 2017), per l’occupazione delle case in via Garibaldi del 2013 (conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati il 4/11/2020), per i fatti del 2014 che hanno portato al processo di Officine. Siamo certi che anche i prossimi processi, attualmente in attesa di cominciare, troveranno un’ottima risposta difensiva tecnica e politica.

Li ringraziamo anche per la vicinanza mostrata nell’affrontare le spese e i rimborsi che come imputati abbiamo sostenuto e cogliamo l’occasione per invitare chiunque a partecipare alle iniziative di solidarietà che contribuiscono a creare un fondo cassa per le questioni processuali che coinvolgono i compagni e le compagne che lottano nel nostro territorio.

Le assoluzioni come imputat* non rappresentano la leggittimazione delle nostre lotte, che restano leggittime anche in caso di condanna. Non ci assolviamo infatti dalle responsabilità che ancora ci spingono in piazza e nelle strade per difendere ambiente, reddito e salute.

Consapevoli della giustezza delle nostre posizioni continueremo ad essere presenti nella città e a costruire momenti di rivendicazione per le nostre libertà individuali e collettive e di difesa dei territori, cercando di imparare dagli errori del passato, creando nuove trame e nuovi legami per vincere le vertenze finora perse.

 

Le compagne ed i compagni della
segreteria legale della Città Vecchia di Taranto

Rinvio delle prossime iniziative

Siamo spiacenti, ma l’ultima proiezione è annullata, causa nuove restrizioni. Ma non possono annullare la socialità, la solidarietà, non possono annullare il nostro dissenso e la nostra voglia di collettività. Restiamo uniti, distanziamoci invece dalle scelte politiche dei governi, che invece di potenziare i distretti sanitari, nei decenni smembrati da incompetenza, corruzione, asservimento al privato, etc, scelgono la via più facile e quella più repressiva per le nostre libertà! Ci rivediamo presto!
Incontriamoci in strada!

Cena Sociale – GIAST IT

CENA SOCIALE
Giast It

SOCIALITA’, CIBO E ANTAGONISMO

Il Menù:
– Pasta zucchine e gamberetti;
– Gattò di patate;
– Olive sfritte;
– Focaccia;
– Melone;
– 1 Birra.

E’ RICHIESTA LA PRENOTAZIONE

VENERDI’ 23 OTTOBRE – ORE 20.30
COMITATO CITTA’ VECCHIA – ARCO PAISIELLO 18, TARANTO

Vi aspettiamo!

Cena Sociale – GIAST IT

CENA SOCIALE
Giast It


SOCIALITA’, CIBO E ANTAGONISMO

Il Menù:- Pasta al sugo con polpo; – Parmigiana di melanzane;- Patate zuccherine al forno;- Focaccia; – Melone;- 1 Birra.
E’ RICHIESTA LA PRENOTAZIONE-

-VENERDI’ 16 OTTOBRE – ORE 20.30
COMITATO CITTA’ VECCHIA – ARCO PAISIELLO 18, TARANTO
Vi aspettiamo!

Cinema d’Azione Antirazzista – RODNEY KING

CINEMA DI AZIONE ANTIRAZZISTA
Il colore della pelle è stato, per chi ama e possiede potere, da sempre, nelle società ‘moderne e civilizzate’ veicolo di differenziazione, emarginazione, sfruttamento, odio, violenza, … razzismo. Solo pochi decenni fa, il Movimento delle Pantere Nere, figlio dei sacrifici e delle sofferenze di molti schiavi che in passato si ribellarono al padrone, ha portato avanti, anche con le armi, le istanze di un popolo oppresso e sottomesso, almeno da 400 lunghi anni di schiavitù.
Le Pantere Nere reclamavano libertà di autodeterminazione, la fine del colonialismo, dello sfruttamento delle terre e delle ricchezze delle comunità nere, chiedevano lavoro e casa per tuttx, la fine delle violenze della polizia nei confronti delle loro comunità, rivendicavano la loro dignità. Molte cose cambiarono grazie ai contributi politici (anche di vita) e agli insegnamenti che molti diedero e lasciarono come eredità politica.
Ma il razzismo non è mai morto e oggi si esprime in varie forme e verso le classi sociali più disparate, verso molteplici etnie, verso le differenze sessuali. Di un sistema patriarcale e capitalista, dove la struttura gerarchica viene constantemente difesa, protetta e giustificata, è facile elencare le ingiustizie, verso le differenti etnie o il loro stato di migrazione o di origine, come anche verso un diverso ceto sociale e culturale, verso il sesso femminile e verso le diverse identità sessuali e di genere, o verso ancora le diverse abilità o disabilità, credenze religiose, ecc. Ed è facile realizzare come il razzismo sia strutturale e funzionale al capitalismo.
La stessa repressione è la risposta di una politica razzista che da una parte condanna ufficialmente gli atti violenti della polizia ma dall’altra, nel concreto, lascia che il suo apparato di difesa possa agire liberamente e passare ingiudicato di fronte le corti giudiziarie, anch’ esse viziate da una ancora solida supremazia bianca, quand’anche maschilista.
Non basta che un video faccia il giro del mondo perchè la brutalità della polizia possa essere fermata, non servono le sentenze di un tribunale, che dimostrano che la vita di un uomo, una donna nera valgono meno della vita di un uomo, una donna bianca. Ciò che accadde a Rodney King una notte del 91, picchiato a sangue dagli agenti di polizia di Los Angeles, fu ripreso da una videocamera, le immagini fecero il giro del mondo, l’America ricominciò a bruciare. Ma le cose si ripetono, più e più volte, fino al 25 maggio 2020 e oltre.
Black Lives Matter è un movimento nato dopo l’assoluzione di un vigilante che uccise il diciassettenne afroamericano Trayvon Martin nel febbraio del 2012 in Florida, e che ha visto crescere il suo bacino di consensi e solidarietà dopo l’assassinio di George Floyd, atterrato e soffocato fino la morte dagli agenti di polizia a Minneapolis nel maggio 2020, l’unico reato è che la sua pelle sia nera e quindi, passibile di pregiudizio razziale. Sembra che, per la polizia, essere un afroamericanx equivalga ad essere unx criminale.
Ed ecco allora, che quel sofferto ‘Per favore, non riesco a respirare’, da una cittadina americana rimbalza, attraverso il potere dei social, in tutto il mondo, scatenando manifestazioni pacifiche ma anche rivolte, scontri, saccheggi, raid contro la polizia, ecc. Espressioni di una situazione non più sostenibile nè accettabile, il razzismo è ancora vivo e vegeto e va combattuto!
Black Lives Matter fa un passo oltre lo steccato del proprio orticello, sposa tutte le istanze degli sfruttati e degli oppressi e diventa un movimento mondiale che raccoglie molteplici lotte sociali e politiche.
Zellie Imani, attivista BLM dice che: ‘A prescindere da Repubblicani o Democratici … solo noi possiamo cambiare le cose!’ e aggiunge: ‘Non basta essere neutrali, non si può essere neutrali nella lotta alle ingiustizie. O sei dalla parte dell’oppresso o sei dalla parte dell’oppressore’.
Mentre la scrittice afroamericana Bonnie Greer dice che: ‘La differenza (tra Black Panther e BLM) è che BLM non ha detto “Voi restate fuori dalla nostra lotta” (riferito ai bianchi) ma “Ci sono tanti diritti da difendere, scegli il tuo!'”
E, per finire, come afferma il Dott. Kehinde Andrews, Direttore del Centro Ricerche Sociali di Birmingham ‘Non possiamo sbarazzarci del razzismo senza sbarazzarci dell’economia politica’.
Il capitalismo, il neoliberismo, fonti dei mali dell’umanità, che riducono un corpo a oggetto di sfruttamento per finalità cumulative di profitto e potere, che piegano alle loro folli speculazioni la terra e le sue risorse, possono essere abbattuti se gli oppressi di tutto il mondo si riconoscono nella stessa lotta.
United We Stand !

RODNEY KING
di Spike Lee
2017
Rodney King è uno one-man show americano del 2017 diretto da Spike Lee e scritto e interpretato da Roger Guenveur Smith. Durante lo spettacolo Roger Guenveur Smith fa molteplici voci, alternando e opponendosi al fianco di Rodney King.
La storia dell’uomo al centro del brutale pestaggio della polizia che ha scatenato le rivolte del 1992 a Los Angeles.

Proiezione, dibattito e aperitivo Antirazzista

21 ottobre – ore 20.00
COMITATO CITTA’ VECCHIA
ARCO PAISIELLO 18, TARANTO

Vi aspettiamo!

PENULTIMANOTIZIA

Notizie cantate di e con Ivan Dell’Edera
Concerto Asincopatico in modalità cantastorie
Uno spettacolo esilarante e satirico di Ivan Dell’Edera, originario tarantino, ora altrove, liberato da tutte le dinamiche dello spettacolo dal vivo, canta, con la sola voce e la sua chitarra dal 2015, notizie nazionali, regionali, comunali e condominiali, dal salotto di casa tua a diverse manifestazioni ed altri eventi, ha raccontato e cantato vizi e verità di un popolo in crisi già prima della crisi.
A seguire Aperitivo
VENERDI’ 9 OTTOBRE Ore 20.00
presso il Comitato Città Vecchia
Arco Paisiello 18, Taranto
Vi aspettiamo!